00 23/04/2010 22:16
Provo a dire i miei perché, partendo dal mio vissuto.
Quando ottenemmo la diagnosi, cercata per circa 8 anni, riponemmo tutte le nostre speranze sul medico, come è normale per la più parte delle persone.
Ci fu un lungo periodo di ricerca sul farmaco giusto con il dosaggio ottimale e gli esperimenti si sono susseguiti…. con troppe poche spiegazioni da parte dei medici, sugli effetti/controindicazioni dei farmaci; e tutto ciò, con l’aggravante che si sceglie di tacere, un po’ perché non si sa bene con chi parlarne, un po’ perché ci si vergogna di dire, un po’ perché sarebbe troppo lungo da spiegare e troppo difficile farsi capire ….. se parlo di un disturbo neurologico con il mio vicino di casa o col panettiere , potrebbe pensare chissà che cosa, non capirebbe mai e allora ci si isola sempre più con la speranza di cancellare al più presto il disturbo e di non pensarci più.
Ho la ricetta, ho il farmaco, me lo gestisco e stop.
Molti specialisti che ho incontrato hanno chi promosso, chi assecondato questo ragionamento.
Che cos’è che non ha funzionato in tutto ciò? Perché non ho continuato a cercare in questa direzione?
Per la SdT non funziona la normale logica disturbo=farmaco, per lo meno non basta.
Una delle prime cose da fare è quella di imparare a convivere con la SdT e per fare ciò non si può certo contare sui medici.
E’ importante studiare, conoscere, capire questo disturbo, diventarne consapevoli.
E’ necessario lo scambio di esperienze e “del vissuto quotidiano”, può essere utile la terapia riabilitativa, può essere determinante l’atmosfera che si respira in casa o il sostegno che si può ottenere a scuola dall’insegnante preparato e sensibile o …. altro ancora.
Tutto ciò si può fare unicamente all’interno di un’associazione, da soli ci si perde per la strada.
Il tuo perché qual è?


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