00 22/04/2010 11:12
Il gruppo di lavoro ha sottolineato che l’innalzamento dell’obbligo di istruzione e il quadro delle competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine del biennio della scuola secondaria superiore impongono la necessità di riorganizzare l’insegnamento della matematica, rimasta nella tradizione scolastica italiana troppo rigido e astratto, e di ridurre la complessità dei programmi delle scuole medie superiori, puntando ad una maggiore omogeneità e coerenza rispetto ai percorsi formativi e ai profili professionali in uscita dai diversi corsi di studio, soprattutto quelli dell’istruzione tecnica e professionale. Infatti, tuttora nell’istruzione secondaria coesistono, uno accanto all’altro, tanto i programmi di vecchio ordinamento, quanto quelli "riveduti e corretti" dalle varie sperimentazioni passate in ordinamento in tempi distinti e con diverse modalità rispetto ai differenti ordini di studio (dai percorsi formativi del Progetto Brocca al Piano nazionale di Informatica, dal Progetto ’92 alle sperimentazioni introdotte con l’autonomia scolastica ecc.), una vera bolgia in cui non è facile districarsi.

Il dibattito ha messo in evidenza che nella maggior parte dei casi i programmi sono caratterizzati da genericità, enciclopedismo, disomogeneità e scarsa adesione ai problemi concreti.
Il confronto con altri Paesi europei, come la Finlandia, segnala come i risultati positivi raggiunti dai Paesi che svettano nelle classifiche internazionali siano strettamente correlati alla personalizzazione dei percorsi formativi, che si avvale di libri di testo agili e maneggevoli, di un’organizzazione modulare della didattica che prevede moduli fondamentali obbligatori per tutti e altri facoltativi.
Gli scambi culturali con la Finlandia hanno anche fatto emergere, però, anche modelli organizzativi molto lontani da quelli praticati nella scuola italiana: negli istituti superiori lavorano un direttore, tre amministrativi e a tempo pieno i docenti, veri e propri professionisti della scuola, con un ruolo socialmente riconosciuto. Lì la flessibilità didattica e organizzativa è la modalità ordinaria del fare scuola, in un clima diffuso di laboratorio che punta sulla dimensione operativa della conoscenza, spostando l’attenzione dalle nozioni ai problemi o ai progetti, che richiedono di sviluppare concetti e informazioni per essere elaborati e risolti.
Tornando alla realtà italiana, gli insegnanti hanno rilevato che nel nostro Paese è la struttura stessa dei programmi ministeriali di matematica a condizionare negativamente l’apprendimento degli allievi, come emerge tanto dalle ricerche internazionali (indagine OCSE-PISA), quanto dai dati nazionali (sette alunni su dieci nel primo quadrimestre del corrente anno scolastico 2007/2008 hanno insufficienze in matematica).

Per esempio, se andiamo ad analizzare i programmi della scuola secondaria superiore che sono derivati o hanno tratto ispirazione da quelli del Piano Nazionale Informatica, ormai adottati dalla stragrande maggioranza degli Istituti, i limiti citati appaiono evidenti.

La presenza di sette temi o aree tematiche generali, suddivise in una miriade di sottotemi variamente distribuiti fra i vari ordini di scuole, dal Liceo Classico al Professionale, fa sì che la disciplina sia dispersa in mille rivoli, rendendo difficile all’insegnante focalizzare il proprio piano didattico sugli argomenti essenziali, ammesso che lo possa fare, considerato che per alcuni ordini di scuola le indicazioni ministeriali sono prescrittive.

Tuttavia, accade anche che i temi e sottotemi previsti per un tipo di scuola a volte non sembrano scelti in modo adeguato a caratterizzare la specificità dell’indirizzo scolastico. Ad esempio, non è chiaro perché siano così scarsi gli argomenti di ‘ probabilità e statistica ’ nei programmi degli Istituti Tecnici Commerciali e degli Istituti Professionali (in particolare ad indirizzo Economico-Aziendale, Turistico e dei Servizi Sociali), che invece potrebbero essere di valido supporto a tanti concetti studiati in altre discipline di indirizzo, mentre sono massicciamente presenti in quelli del Liceo Scientifico.

Allo stesso tempo è singolare che i programmi per lo Scientifico, pur appartenendo ad un Piano Nazionale Informatica, contengano tanti pochi argomenti di informatica, considerato che in questo indirizzo non esiste alcuna altra disciplina che si occupi dell’argomento, come, invece, avviene nell’Istituto Tecnico Industriale con ‘sistemi automatici ’ e altre materie.

Passando dalle incongruenze dei Programmi Ministeriali all’analisi del monte ore destinato all’apprendimento della matematica, il confronto con l’elenco dei temi da trattare rende visibile lo sforzo richiesto all’insegnante che in classe deve concentrare in poche ore spiegazioni e dimostrazioni, e … il resto tutto a casa!

Questa condizione spiega l’alto tasso di insuccesso dei nostri studenti di fronte a prove di verifica del tipo di quelle somministrate nell’ambito del programma OCSE-PISA. Infatti i test che contraddistinguono tali prove sono fortemente improntati a verificare le competenze sotto il profilo applicativo, presentando casi e problemi di varia natura da analizzare e risolvere utilizzando gli strumenti matematici acquisiti, secondo un’impostazione didattica ormai ampiamente diffusa in molte nazioni europee.

Il metodo più diffuso di insegnamento della matematica in Italia, invece, continua a ricalcare ancora quello su cui gli stessi docenti si sono formati, cioè il metodo deduttivo: definizione, teorema, dimostrazione e esercizio applicativo.
I docenti hanno osservato che nel documento tecnico allegato al Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione gli assi culturali di riferimento, in cui si descrivono i saperi e le competenze da sviluppare nel biennio della scuola secondaria, a parte quello matematico, sono tutti pluridisciplinari; se da un lato questa scelta dà valore e peso alla disciplina, dall’altro la spinge alla solitudine. La matematica, tuttavia, non è solo una disciplina ma anche un metodo di indagine per comprendere la realtà e risolvere i problemi.

Di fronte all’elevato tasso di insuccesso in matematica registrato in Italia, evidenziato da quel 44% di studenti che l’anno scorso si è trascinato debiti e lacune passando da una classe all’altra, uno dei docenti presenti si è chiesto perché così tanti alunni, pur raggiungendo apprezzabili risultati in tante materie, hanno un profitto scadente in questa disciplina. Le sue riflessioni sono state condivise dal gruppo, che attribuisce alcune ragioni dell’insuccesso alle seguenti circostanze:

la gran massa degli studenti studia per una risicata promozione e non perché la materia lo appassioni o perché trovi piacere nello studio. È veramente difficile per uno studente appassionarsi e amare la matematica quando la materia viene presentata come un insieme di ricette, regole confezionate che, sebbene abbiano una loro coerenza e logica interna, non lasciano intravedere all'alunno l'utilità della disciplina e i collegamenti con il mondo reale; le indicazioni per i programmi sono troppo estese - soprattutto in relazione alle ore a disposizione - e questa dilatazione dei contenuti condiziona l’approfondimento degli assi fondamentali. Si privilegiano le conoscenze (spesso frettolose e superficiali), a scapito delle competenze (saper fare);

quasi tutte le materie scolastiche sono presentate e sviluppate come "storia della ....." (al liceo, storia della letteratura italiana, latina e greca, storia della filosofia, storia della storia ecc.). La matematica, viceversa, non è insegnata come storia della matematica, anche se una base storica sarebbe particolarmente utile per far comprendere agli allievi come lo sviluppo della materia sia legato alla civiltà e alle realtà culturale di ogni periodo. Nell’ora di matematica si presentano i concetti e procedimenti della materia, purtroppo, di solito in forma teorica ed astratta. Quando si fa riferimento alle competenze operative degli studenti anche nelle altre aree disciplinari, ad esempio alla capacità di tradurre dal latino o dal greco, oppure di scrivere correttamente relazioni in italiano, i risultati degli allievi sono parimenti disastrosi come quelli riportati in matematica;

la matematica non è solo una materia scolastica, è un metodo. Non è un ricco armadio che contiene formule, procedimenti, astrazioni ma un metodo che porta da situazioni fisiche (economiche, biologiche ecc., sia certe che casuali) a situazioni mentali, a modelli di rappresentazione della realtà (matematizzazione della realtà o processo di matematizzazione). E un metodo non si insegna, si apprende. Pertanto, ai giovani non si devono imporre formule, procedimenti, dimostrazioni (da imparare più o meno correttamente a memoria), ma essi vanno guidati a risolvere problemi legati alla realtà, scelti per suscitare il loro interesse, la curiosità e la voglia di apprendere, in modo da far emergere - con la guida dell’insegnante - le risorse degli studenti se queste sono allo stato latente, svilupparle e potenziarle se risultano già evidenti, dimostrando che non è affatto vero che siano necessarie attitudini speciali per capire la matematica.

Dal confronto tra le varie esperienze e le biografie professionali degli insegnanti, sembrerebbe che uno dei problemi relativi all'insegnamento della matematica nella nostre scuole sia la carenza della formazione universitaria dei docenti. I professori hanno sottolineato che anche quelli che si sono laureati con la lode, per tutta la durata del corso di studi universitari non avevano mai affrontato e risolto un solo problema legato alla realtà. Anzi, molti hanno dichiarato di aver capito la matematica più insegnandola che studiandola!

Gli insegnanti di matematica ritengono che servono urgenti e significativi correttivi se si vuole fornire ai nostri giovani allievi la stessa possibilità di successo degli studenti europei nell’apprendimento della matematica. E questi rimedi possono essere così sintetizzati:

necessità di rivisitare, tanto da parte dei docenti quanto dell’amministrazione scolastica che elabora gli standard nazionali dei curricoli disciplinari, i temi essenziali della disciplina, sia per la formazione di base comune a tutti i percorsi formativi, sia per le specificità legate all’indirizzo scolastico prescelto;

aumento dei tempi dedicati all’insegnamento della matematica nei vari curricoli;

elaborazione e diffusione di materiali didattici, anche con il supporto informatico, orientati verso un metodo euristico, costruttivo ed applicativo dei concetti e dei procedimenti matematici, incoraggiando il riconoscimento e la produzione da parte di singoli docenti e/o scuole;

formazione dei docenti sull’uso di tali materiali e delle nuove metodologie.