Finalmente sul forum!
non è facile per me, troppe cose avrei da dire ho appena finito di leggere la storia di aries1.. mi sono commossa.. non solo per ciò che ho letto, ma anche nel come sono state date la risposte. E’ chiaro mi identifico nel percorso fatto. Piango! troppo ho dovuto contenere, troppo ho dovuto tenere ed è durissima, vi assicuro durissima ! Continuo a piangere.. penso che dopo tanto soffrire nel tenere e contenere finalmente qui posso liberarmi.. solo adesso posso manifestare la mia sofferenza che ha avuto sempre come finalità quella di “farcela”!
Sono soprattutto una mamma che non ha più tempo di vivere, se non facendo combaciare la sua vita con i bisogni dei “suoi”due figli adottivi che al loro arrivo (9mesi e 21 mesi) le hanno regalato una gioia immensa, ma anche tanto lavoro e fatica: praticamente un’altra vita.
Il più grandino,( ma di poco) Jalal, era proprio una bellissima trottolina difficilissima da fermare. Ma la pazienza è “la virtù dei forti”, quindi pian pianino in braccio davanti alla finestra guardando fuori si è cominciato a fare ordine.
Alessandro più piccolo di un anno guadava il fratello.. con molta attenzione, e quasi come se potesse “prendere appunti”.. osservava. A distanza di poco tempo ripeteva, entrando gradualmente in sintonia con il fratello. Una sintonia molto simile a quella che si vede nei fratelli gemelli.
I bambini crescevano con tata fatica da parte mia, da parte loro e da parte del papà.. fino a quando è stato presente… Veri momenti di gioia e di felicità ve ne sono stati .. in particolare coloro che se la godevano maggiormente erano loro: i figli.. parevano uno lo specchio dell’altro: “due neuroni specchio”! Proprio per dirla utilizzando le recenti scoperte fatte dall’equipe del professor Gallese. A parte gli scherzi, Jalal era proprio un turbine! Ciò che non si poteva fare a meno di dire vedendolo era: “stai fermo!… stai calmo..!” Ma lui naturalmente fermo e calmo non ci stava mai! A due anni sono comparsi dei tic facciali abbastanza fastidiosi, dal nido e dalla scuola materna spesso venivo chiamata a colloquio, in quanto ad un certo momento della giornata, che coincideva con il “tutti a dormire” J. andava in “tilt” il che voleva dire: le maestre perdevano il controllo di questo folletto impazzito che disturbava correndo velocemente su tutti i lettini degli altri bambini! Per intenderci.. tipo il cartone animato degli “Antenati”! Ho interpellato psicologhe e neuropsichiatre che hanno attribuito l’ipercinesia al trauma dell’esperienza adottiva e all’abbandono subito. Intanto io rimanevo sempre più sola, nella ricerca degli aiuti da mettere in pratica, mio marito non era d’accordo nel consultare psicologi e neuropsichiatri: sembrava come “allergico”!
Nel periodo della scuola elementare ci sono state molte segnalazioni da parte dei suoi bravi insegnati, che sono stati accanto a Jalal e lo hanno veramente amato. Gli atteggiamenti aggressivi e impulsivi di J. erano a prova del “più bravo” maestro della scuola. I genitori degli altri bambini erano arrivati a enormi livelli di aggressività nei confronti sia di J. , che della scuola, e anche verso di noi: la famiglia. A ciò, si contrapponevano atteggiamenti dettati da forti sensi di colpa dei singoli genitori che singolarmente mi s’ avvicinavano e mi facevano sapere il loro dispiacere per l’esclusione e l’emarginazione che stavamo subendo come famiglia, ma in gruppo erano poi delle “belve”, mi s’ avventavano contro compresi direttore e insegnanti. Insomma un bel “pastrocchio” !
Nel fra tempo con mio marito le cose non andavano per niente bene: molto aggressivo nei miei confronti e nei confronti di questi figli che non erano perfetti come gli avrebbe voluti lui, diceva: “non mi portano rispetto e questa è colpa tua!” Concordi con ciò, anche mia suocera e mio suocero.
Ho dovuto chiedere la separazione per recuperare un po’ di serenità. Jalal ne ha tratto beneficio: il rapporto con il padre è sempre stato conflittuale.
Dopo la separazione, Jalal ha potuto cominciare una psicoterapia durata cinque anni. Che ha evidentemente portato ai suoi frutti. Difatti, recentemente il rapporto con il padre ha raggiunto un certo equilibrio.
La separazione dei genitori è proprio un brutto accaduto, sarebbe meglio evitarla se si potesse e poi fa tanto male ai figli!
Ma se con J., dopo la separazione da mio marito, mi sono sentita più libera di mettere in pratica gli aiuti che reputavo opportuni, per Alessandro iniziava il periodo estremamente duro, di dolore e sofferenza. Era in terza elementare, ha cominciato avere numerosi tic facciali e tic alle spalle. A scuola mi segnalavano sbalzi di umore e improvvise crisi di aggressività. In quarta, mentre studiavo con lui mi sono accorta di improvvisi blocchi oculari: ho prenotato una visita neuropsichiatria in ospedale a Reggio Emilia con il dott. C. Fusco, sospettando una epilessia. Quasi sin dalla prima visita, forse è stata per la seconda, il dottore fece la diagnosi di “sindrome di G. de la Tourette”. Pochi mesi più tardi la fece anche per Jalal che pur avendo ridotti tic fisici, ne aveva decisamente di tipo comportamentale. I bambini avevano rispettivamente nove anni e dieci anni. Ringrazio il dott. Fusco per aver avuto il coraggio ed essersi preso la responsabilità di questa diagnosi. Sembra una sciocchezza, ma ciò ha permesso un cambiamento di prospettiva radicale nell’educazione e nella crescita dei miei figli. Nello stesso tempo ho cominciato a capire, con grande dolore, che la mia vita non avrebbe più avuto spazzi personali. Faccio l’educatrice Professionale nella AUSL di RE. Ho lavorato in Neuropsichiatria Infantile inizialmente per alcuni anni e sono ormai parecchi anni che lavoro nel Servizio Psichiatrico. Ho cercato di attivare per i ragazzi tutti gli aiuti possibili creando una rete intorno a loro. Attualmente hanno tredici e dodici anni. Ho sempre la sensazione di essere su un filo e mi sento molto sola in certi momenti, tutto grava sulla mia colonna vertebrale, non mi posso permettere neanche un’influenza. Ogni giorno vi è un nuovo problema d’affrontare sembra di non potercela fare, ma ce la sto facendo ancora ! Il professor Canevaro pedagogista dell’università di Bologna ha trattato e approfondito il concetto di “resilienza” che corrisponderebbe alla capacità umana di affrontare le avversità della vita, superale e uscirne rinforzato. Ecco direi che provo ad essere una persona resiliente, sento infatti che le difficoltà che giornalmente affronto mi migliorano. E cerco di non rinunciare alla tensione verso la felicità, perché come dice R.M. Rilke:
“E noi che pensiamo la felicità
come una ascesa, ne avremo l’emozione
quasi sconcertante
di quando cosa ch’è felice, cade.”
Vi ringrazio e vi saluto tutti!