Forum Tic e Tourette - AST-SIT ONLUS (Associazione Sindrome di Tourette - Siamo In Tanti)

 
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lamia amica

Ultimo Aggiornamento: 30/07/2007 17:56
30/07/2007 17:46
 
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Post: 849
Registrato il: 29/07/2007
mess di "enzoraudi" identità probabilmente falsa

Un’altra notte qui, su questa sedia, e me ne andrò solo quando avrò il coraggio di farlo. E’ quasi assurdo, ormai mi ci vuole più coraggio ad andarmene che a restare. Quando dorme sembra davvero un angelo, con i capelli biondi sparsi sul cuscino e il corpo quasi completamente immobile; solo di tanto in tanto muove appena un braccio, una gamba. Sembra un angelo, e immagino sia soprattutto perché ha gli occhi chiusi. Ha solo sedici anni, ma credo che i miei occhi non diventerebbero come i suoi neppure se vivessi tre secoli: non sono solo stanchi, o rassegnati, c’è qualcosa di più. E’ come se urlassero aiuto, come se implorassero di lasciarli liberi. "Sono praticamente prigioniera del mio corpo" mi ha detto la prima volta che abbiamo seriamente parlato del suo disturbo, e in quel momento mi era parsa una frase ad effetto piuttosto banale. Poi… diciamo che ho avuto modo di guardarla abbastanza a lungo da ricredermi.



La vita a sedici anni non dovrebbe essere così. Lei avrebbe tutto il diritto di uscire con le amiche, di prendersi le prime cotte per un qualche stronzo che le spezzerebbe il cuore, di andare in discoteca il sabato sera e dormire poco, di stare a scuola tutto il giorno. E invece n le amiche che ha sono in perenne processione, con lo sguardo affranto e la frase "Se hai bisogno, chiama" sempre sulle labbra; dorme poco, non perché esca, ma perché tutte le sere deve aspettare almeno un’ora prima che il suo corpo si contragga abbastanza debolmente da permetterle di dormire, e la mattina deve sempre svegliarsi due ore prima di tutti gli altri per prepararsi. Fare la doccia, la colazione, vestirsi, truccarsi… tutte imprese, con un corpo che sembra costantemente sotto elettroshock. A volte, quando non ci pensa qualcuno della sua famiglia, la trucco io. Me lo ha insegnato sua madre. Una sera, in gita scolastica, ho dovuto anche cambiarla: aveva avuto un attacco d’ansia, e lo stress la faceva contorcere tanto da non riuscire a camminare. La prima volta che la ho vista in intimo aveva braccia e gambe ritorte, la schiena in preda agli spasmi e stava urlando. Forse bestemmiava, non lo so, non sono riuscito a capirlo. A sedici anni, non dovrebbe essere così.



A scuola, non riesce mai ad andare oltre mezzogiorno. Resta per pranzo, nei giorni particolarmente buoni. A volte la guardo, quando abbiamo una lezione in comune, seduta nell’ultimo banco, che cerca con tutta se stessa di frenare i tic, di rimanere composta, di non emettere urli o di non variare il tono della voce quando parla, di non spezzare la matita quando scrive. Ma non ci riesce. Ogni tanto si sentono dei grugniti, delle brevi urla, se fa una domanda le esce come un’affermazione, se fa un’affermazione, prima la voce sale poi cade in picchiata. Una volta un nostro compagno le ha chiesto se proprio non riesce a controllare i tic. Lei gli ha risposto di provare a non sbattere le palpebre, e di informarla quando ci fosse riuscito. Il tono era sbrigativo e incazzato, ma non so se lei volesse davvero che suonasse così.



Ragazzi, nulla. A parte me, certo, ma io non so bene cosa ci faccio qui. Tutti gli altri sono spaventati, le girano al largo; e, a volerla dire tutta, neppure lei li guarda. E’ troppo impegnata a soffrire, a sentire i propri muscoli strillare sotto quelle continue contrazioni.



Nell’ultimo anno, poi, è peggiorata. La Sindrome di Tourette, nella maggior parte dei casi, decresce dopo l’infanzia, resta stabile nell’adolescenza e si attenua di molto nell’età adulta. Per lei, non funziona così. I tic motori si fanno sempre più ampi e violenti, quelli vocali stanno passando da semplici a complessi: da urli involontari e cambi di tono o timbro ("disturbi della comunicazione soprasegmentale, li chiamano i medici!" mi aveva detto una volta sorridendo; poi, subito dopo, gli angoli della bocca le si erano ritorti verso il basso, scoprendo i tendini del collo) sta passando a comunicazione vera e propria involontaria. Ha dato i primi segni di coprolalia, linguaggio volgare incontrollato. Il mese scorso, in mensa, in un giorno che sembrava proprio uno di quelli buoni, si è improvvisamente girata verso la sua vicina di sedia, una ragazza di colore, e le ha urlato "Negratroia di merda!". Poi è arrossita, è scoppiata a piangere ed è corsa via, con la schiena che sembrava voler ora esplodere ora implodere e le gambe che tentavano di impedirle di andarsene. La coprolalia si manifesta solo in una percentuale molto bassa di casi di Tourette.



La porta si apre lentamente, e un filo di luce entra nella stanza. Sua madre sosta sulla soglia, nera in controluce, mentre cerca di adattare gli occhi all’oscurità. Mi alzo in piedi e le vado incontro.



"Signora, sono qui" sussurro



"Dorme?"



"Sì, da una mezz’oretta".



Annuisce, e guarda la figlia. Ci vuole del coraggio, e questa signora, più bassa e più gracile di me, ne ha da vendere per un esercito intero.



"Senta" dico "vengo io domattina a truccarla e a prepararle la colazione, la porto io a scuola, lei dorma".



Leggo già il "No" formarsi sulle sue labbra, ma la anticip "La prego…".



Ci riflette, e nel frattempo noto che i suoi occhi sono stanchi, ma neppure la metà di quelli della figlia.



"D’accordo" dice infine "ma vai a casa, adesso, dormi almeno qualche ora".



Annuisco, torno indietro e mi avvicino al letto. Mi chino su di lei e le bacio la fronte, "Ti voglio bene" sussurro, abbastanza basso perché la madre non mi senta. Ripenso alla volta in cui lei mi ha detto "Ti voglio bene", tenendomi la mano. Mentre lo diceva, il mento le tremava e il naso le si arricciava, e, una volta detto, la mano le si è contratta, affondando le unghie nel mio palmo. A sua madre ho detto che è stato il gatto, ma le ho anche letto negli occhi che sapeva che era una bugia. Esco di casa, e dico alla signora che sarò qui domattina per le sette. Annuisce, mi saluta e chiude la porta. Non ho le chiavi, quindi domattina quando arriverò lei sarà sveglia. Ma è il pensiero che conta, no?

Lei non si è mai guardata dentro, il suo corpo ribelle glielo ha sempre impedito. Chiama amico chi si presenta come tale, chi dice di voler essere suo amico. E io? Voglio definirmi il suo ragazzo? D’accordo, ma chi dice che quando la Tourette si sarà attenuata abbastanza da permetterle di analizzare i propri sentimenti, lei scoprirà di provare per me quello che io voglio che provi per me? Chi dice che non mi troverà banale e poco interessante?


La Tourette è la cosa che ci ha legati di più, fino ad ora.


E se anche lei capisse di amarmi, se anche decidesse che potrei essere quello giusto, cosa proverò io? Se fossi io a trovarla banale e poco interessante? Se la mia fosse stata solo compassione?


Se e quando la Tourette se ne andrà, non so cosa rimarrà di noi. Potrei anche essere solo l’ennesimo tic.
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