...gustosa questa risposta di Seragni, per il contenuto certo, ma sopratutto per la piacevolissima perdita della funzione inibitoria, che ce lo fa riconoscre come "appartenente": "
La preparazione pedagogica dei nostri insegnanti è pari a quella del muratore che mi sta rifacendo il pavimento (con tutto il rispetto con il muratore che spesso è un migliore pedagogista con i suoi figli di chi ha un titolo per farlo...)".
Riprendendo la funzione di controllo voglio dire che purtroppo queste considerazioni sono il frutto dell'amara esperienza sul campo, nel mio caso haimè molto lunga, nella quale a fronte di qualche insegnante veramente impegnato(ho ad esempio il ricordo fantastico di un'insegnante di lettere e di una preside di Burago Molgora per il lavoro su di un bambino iperattivo)spesso ci si trova invece a dover fare più fatica con gli insegnanti che non con i bambini, a dover educare prima gli insegnanti per poi educare i bambini.
Quando intorno al '79 (la Legge sull'integrazione é del '77 ma nella scuola ci vollero due anni per l'applicazione) nella scuola furono inseriti i primi bambini disabili per loro vi era solo demagogia: secondo una visione molto ideologica bastava farli stare con gli altri alunni per vederli "rinsavire" (un effetto secondario della legge Basaglia di cui poco si é trattato).
Le esperienze negative di quel tipo di inserimento vennero presto alla luce, senza competenza di educazione speciale nessuna vera integrazione era possibile.
A quel punto, dopo qualche anno di proteste e fallimenti, per fare l'insegnante di sostegno divenne necessario aver frequentato un corso post-laurea di specializzazione biennale. Sembrava un passo avanti.
Invece i Corsi Biennali vennero chiusi dopo pochi anni (penso per i costi), e fu un peccato perché ad esempio a Milano presso la facoltà di medicina, gestito dal prof. Caracciolo, si teneva un corso biennale veramente di alto livello.
Oggi per insegnare ad alunni difficili, per i quali sarebbe necessaria una profonda formazione metodologica in educazione speciale(come ci ha insegnato la Montessori) sembra bastino corsi...di un giorno.
Per questo sono d'accordo con Seragni, se deve essere così meglio utilizzare gli Educatori (ma anche le altre figure della classe di laurea della riabilitazione, come terapisti della riabilitazione, psico-neuromotricisti etc.), i quali frequentano corsi con obbligo di frequenza per almeno tre anni di Università. Gli educatori (mal pagati) sono resi disponibili degli Enti Locali o dalle ONLUS (cooperative o associazioni). Per questo anche noi di AST potremmo mettere a disposizioni i nostri, in realtà lo facciamo ma sembra che le scuole pregferiscano spendere i soldi del "diritto allo studio" per fare corsi di teatro o di arteterapia, che non per inserimenti mirati e didattiche speciali.
La mancanza di personale specializzato, o semplicemente di un pensiero pedagogico che non sia solo "didattico", nella scuola é davvero drammatica. Le esperienze come quelle della scuola di Trento (che si é associata ad AST) sono davvero uniche e noi ci troviamo spesso a gestire, per i nostri figli, ore di inutili ripetizioni di compiti astrusi e tensioni generate da una scuola dell'obbligo che anziché educare ad apprendere ed a rinforzare il piacere dell'apprendimento, é soprattutto tesa alla retiterazione del nozionismo, come negli anni '30... Figuriamoci poi se una scuola così é in grado di gestire, contenere, accogliere ed educare i comportamenti dei bambini con qualche diversità.
Salvo eccezioni, almeno il mio bilancio é molto negativo per quanto riguarda scuola e insegnanti di sostegno statali.
GFM
PS
nel 79 cominciai ad insegnare ed incontrai, per lo più nei corridoi o in aule separate a far disegnini, questo genere di alunni. Fu allora che in me nacque l'interesse per la didattica speciale e mi resi subito conto che per acquisirla ed applicarla...18 ore di insegnamento non sono sufficienti, e neanche l'autoformazione.
[Modificato da Gianfranco Morciano 12/08/2008 12:14]