00 10/09/2007 10:10
metodo quantitativo e genitorialità
Spero si capisca ora perché tengo tanto al metodo scientifico, uno dei motivi é quello di ridurre al minimo gli errori di generalizzazione, quali ad esempio: conoscere uno o due casi e pensare che tutti i casi siano così, sostenere che un fenomeno presente in un contesto sia per forza presente in un altro, essere attratti dalle similitudini ignorando le differenze, farsi confondere dall'impatto emotivo nella lettura di un fenomeno in quanto personalmente coinvolti o dal pregiudizio sociale, e molto altro ancora.

Un problema che si pone al metodo é la questione della misura, giustamente richiamata da Giglio; coloro che squalificano il metodo scientifico ritengono che il bisogno di misurare sia una rigidità che impedisce di cogliere gli aspetti qualitativi e non quantitativi della realtà. E' vero che non tutto é misurabile, ma a volte la misurabilità impedisce di fare tragici errori di valutazione qualitativa, e quando può essere fatta non viene fatta.

"Molti casi, quanti?" chiede Giglio. Giusto.

Se la misura é di 1/2/3 o 10 casi...la questione quasi neppure andrebbe posta al di fuori della valutazione di quegli specifici casi, per una generalizzazione il campione di osservazione dovrebbe essere molto più esteso.

Meglio sarebbe dire "io ho conosciuto questo caso ed ho visto questa cosa qui".

Per quanto mi riguarda, sulla base di una casistica di un centinaio di famiglie (comunque insufficiente per esprimere certezze specie senza ricerca sistematica)di tourettici e credo ormai migliaia (aimè) di altri casi di disabilità...posso dire che il più delle volte i genitori esprimono molto più giudizio degli stessi operatori socio-sanitari, e spesso anche più competenza (mi dispiace ma é così).
In un convegno di alcuni anni fa a Segrate sul lavoro sociale di rete ebbi modo di sostenere che se gli operatori sociali intendono davvero operare in questa direzuione devono abbandonare il pernicioso pregiudizio che fa dei familiari sempre un agente patogeno.

Infatti io chiedo a tutti i miei operatori di avere al contrario, non un'assenza di giudizio (come direbbe Usserl), ma addirittura un pregiudizio positivo: alla fine un sistema familiare o "figli-genitori" (che va oltre all'idea stereotipata di famiglia) trova l'equilibrio migliore che gli é possibile trovare in un contesto e con i prerequisiti che possiede, comprese le informazioni che proprio dagli operatori socio-sanitari che li giuducano dovrebbero pervenire.

Questo non vuol dire che tutti i genitori, in quanto tali siano senza difetti o che non possano essere patogeni, ma se partiamo da un'idea sbagliata che tutti o lammagior parte lo siano, quando poi li si incontra davvero non vengono riconosciuti.
Troppe volte gli operatori socio-sanitari si pongono con una spocchia per la quale loro non solo sanno tutto, ma al posto degli altri certo avrebbero fatto meglio.

Errori di generalizzazione, sostenuti da presunzione.

Comunque essendo noi tutti un prodotto sociale, anche come operatori o semplici interessati a capire un fenomeno, siamo soggetti a pregiudizi e ad esprimere eccessi, lo si fa in buona fede e col desiderio di far bene.

Ciò che conta é rispondere alla domanda di Giglio: su quanti casi esprimi questa valutazione? Spesso confrontandosi con la misura si riesce a cambiare opinione.

In ultimo voglio dire che é proprio una quota superiore di casistica molto positiva che mi ha convinto per l'associazionismo anche dei familiari, altrimenti mi sarei limitato ad associare chi la sindrome di tourette la porta in prima persona, supposto che esista e che sia una patologia.

GFM