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La storia a lieto fine di una Ballerina

Ultimo Aggiornamento: 30/04/2011 13:45
08/03/2011 16:06
 
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Post: 142
Registrato il: 26/09/2007
Eccomi di nuovo sulle pagine di questo forum. Devo ammettere che sono tornata perché mi sono sentita “in colpa” dopo aver letto in alcuni post che chi sta bene non si fa più vivo…Purtroppo è vero. Per quanto mi riguarda, la TS ha travolto e stravolto la mia vita e una volta passata la buriana il desiderio è stato quello di allontanare il più possibile dalla mente i ricordi di quel periodo così difficile. Un po’ per non farmi condizionare dalla paura di ripiombare in quella situazione, un po’ per il desiderio di pensare ad altro e di sentirmi “normale”. Non sapete quanto mi sia costato scrivere la parola “normale”, ma siamo onesti: io sono stata male, molto male, e in quei giorni ne ho incrociati tanti di quegli sguardi che, dietro un’apparente compassione mal celavano il fastidio che il mio “non essere normale” suscitava. Per fortuna ero abbastanza grande da ignorare gli occhi degli estranei, ma non avevo difese per proteggermi dagli sguardi delle persone a me più care. E se in certi momenti quello che leggevo e percepivo nei loro occhi era il mio stesso senso di smarrimento, ce ne sono stati altri in cui quella punta di vergogna nello sguardo di mio padre per “quello che andavo in giro a fare” mi trapassava il cuore come la più affilata delle lame. Forse ero io a interpretare male il suo stato d’animo, forse più che vergognarsi di me era preoccupato che gli altri, nel vedermi potessero deridermi e ferirmi… Non lo so, non ho mai avuto il coraggio di chiederglielo. Forse sarebbe bastata una chiacchierata con il cuore in mano per chiarirci, ma alle volte è così complicato comunicare con le persone che abbiamo accanto… Resta il fatto che io sentivo di essere una delusione per lui e questa è stata in assoluto la cosa che mi ha fatto stare peggio. Le manifestazioni della TS in sé erano poca cosa rispetto alla fatica che dovevo fare per nasconderle davanti a lui. Una fatica inutile, perché più cercavo di trattenermi, meno mi riusciva.
Quindi, se mi permettete, vorrei lanciare un messaggio ai voi genitori di figli TS: prima di darvi affannarvi per cercare un farmaco che elimini il disturbo (e magari chiedetevi anche se il disturbo è più per vostri figli o per voi) o di scoraggiarvi perché una terapia o un esercizio non sono efficaci, fate lo sforzo di chiedervi quali messaggi passano ai vostri ragazzi attraverso le vostre parole e i vostri comportamenti. Non voglio lanciare accuse, sono solo una figlia e sono sicura che essere genitore sia la cosa più difficile del mondo, ma sento comunque il bisogno di dirvi che voi siete parte della cura.
Qualche settimana fa ho incontrato la famiglia di un ragazzino che frequenta le medie. I genitori erano terrorizzati perché non riuscivano a fronteggiare il malessere del figlio, che presentava più o meno le stesse manifestazioni che avevo io qualche anno fa. Abbiamo parlato, ho raccontato loro la mia storia cercando di rasserenarli riguardo al fatto che non erano finiti in un tunnel senza via d’uscita e quando mi hanno visto si sono sentiti subito più tranquilli. Stentavano a credere che anche io avessi passato un momento difficile come quello che stavano attraversando loro. Hanno iniziato un percorso con Gianfranco e ho saputo, con grande gioia, che il loro ragazzo sta molto meglio.
Anche io sto bene e questo è il motivo per cui ho poco da raccontare. Ogni tanto capita ancora qualche crisi di minima entità, ma, ricorrendo alle tecniche che Gianfranco mi aveva suggerito a suo tempo, riesco a gestirle senza ricorrere all’uso di farmaci. Un episodio “divertente”: la sera della Vigilia sono stata male; il problema era che nel fare un passaggio radente con l’auto contro un pilastro ho preso un colpo al collo e siccome soffro di cervicale nel giro di un paio d’ore mi era scoppiato un mal di testa lancinante accompagnato da vomito. Purtroppo quando ho un dolore molto forte, “mi scappa” qualche contrazione della parte sofferente. In quella precisa occasione la cosa si è fatta un pochino complicata perché il fatto di sbattere il collo non faceva che peggiorare il mal di testa e la nausea, quindi, pur sapendo cosa mi aspettava, ho chiesto aiuto ai miei genitori. Come sospettavo la loro attenzione è stata subito calamitata dalle manifestazioni tourettiche, nonostante io continuassi a ripetere che mi faceva male il collo. Non ho avuto più fortuna al Pronto Soccorso: medici e infermieri hanno ignorato le mie richieste e invece dell’ortopedico mi hanno mandato il neurologo…risultato: una bella bomba di Lorazepam in vena che mi ha steso per 3 giorni. Siamo a marzo e ancora non ho scoperto tutto quello che ho fatto in quelle 72 ore.. L’ultimo ricordo nitido è quello dei cappellini da Babbo Natale degli infermieri, poi tutto si fa vago e confuso… Ho ricevuto un libro, ma non ho ancora potuto ringraziare del gentile pensiero perché non saprei a chi rivolgere la mia gratitudine e ho ritenuto troppo imbarazzante andare in giro a chiedere chi me l’avesse regalato. E non vi dico come ci sono rimasta male quando ho scoperto che il bellissimo anello che “magicamente” mi ero trovata al dito non era un pegno d’amore, ma il gentile dono mia madre… ahahahahahahahahahahah!!!
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