In effetti sapeva un po di minchiata,il pezzo che avevo letto era un anteprima che è più o meno quello che ha copiato Giglio nel suo Post,cioè cose che non stanno nè in cielo nè in terra,però poi su un altro sito ho trovato un pezzo che mi è sembrato interessante:
È tutta la vita che gioco. Anzi, giocare è diventata la mia tortura. Passo il tempo, dalla mattina alla sera (la notte per fortuna faccio sogni che non ricordo), a costruire realtà artificiali, scegliendo parole, acconciando frasi da inserire in una trama ideale. Ho ancora in testa il colapasta che mi fa da cimiero e i piedi infilati nelle scarpe rosse di mia madre. Non mi sono mai mosso da lì. Ogni tanto scendo dai tacchi e mi sistemo sopra una sedia rovesciata, alla guida di un treno che mi porta dentro paesaggi stralunati, dove non ci sono oggetti bensì sensazioni forti nate da ciò che non vedo ma invento: una collina, qualche fattoria, un circo al limite dell'orizzonte, una chiesetta arroccata. Poi, quando entro nella lontananza, compaiono immagini oniriche, a metà strada tra il meraviglioso e l'incubo. Là ogni cosa è possibile, perché non c'è più memoria ma sublimazioni e simboli indecifrabili. Se si va troppo lontano si finisce per entrare dentro di sé, ingoiare sé stessi
A me personalmente capita molto spesso.