mess di eddievedder
Alla cortese attenzione del signor Marcimari ******************************************** Come promesso eccomi qui a risponderti in veste di baby-sitter virtuale. Premetto che non ho una grossissima dimestichezza coi bambini a livello educativo, nel senso che non saprei minimamente da che parte iniziare per instradare i nostri cari pargoli verso un futuro positivo e privo, dove possibile, di ostacoli e difficoltà. Posso dirti però che quando mi trovo a stretto contatto con loro... il bambino divento io, su questo non vi è alcun dubbio. Questa se può sembrare una bella cosa a prima vista, alla lunga risulta alquanto controproducente per genitori, maestri, insegnanti, educatori ecc. perche' le molteplici arti che sarei in grado di trasmettere non sono propriamente educative. In effetti riuscirei senz'altro a fargli compiere un sacco di allegri pasticci del tipo: dire le parolacce, mangiare il Kinder-Bueno di nascosto, tirare la coda al malcapitato gatto di turno, imbrattarsi con la Nutella, strappare crudelmente le note sui tasti del pianoforte di Giglio, giocare con le scarpine nuove nelle pozzanghere, giocare a pallone durante l'ora del silenzio e per finire, gli insegnerei la nobile arte della caccia alla lucertola... che non so se tu ci hai mai giocato ma ti garantisco che non è assolutamente inserita nei programmi scolastici o in quelli dell'asilo. Sto scherzando, naturalmente. Comunque. Benchè coi bambini io abbia la tendenza ad avere un rapporto abbastanza paritario, nel senso che sono incline a farmi piacevolmente dominare da loro, e di conseguenza mi trovo abbastanza in sintonia con loro, capisco però, che il più delle volte, non deve essere facile il ruolo del genitore, in particolar modo quando si devono affrontare quelle problematiche che esulano dai normali compiti del genitore stesso e vanno a sfociare, come nel nostro caso, nella patologia. E qui tocchiamo la nota dolente. Mi sono immaginato moltissime volte di avere un figlio, anche se non è mai stato un motivo di grosso rammarico per me non averlo in quanto, tenendo conto del mondo in cui viviamo, non deve essere per niente facile allevare un piccolo guerriero o una dolce principessina in mezzo a tutta questa frenesia, violenza, indifferenza, ipocrisia, delinquenza e mancanza di valori, ma ho provato ugualmente a domandarmi: se io avessi un figlio come lo tirerei su? Ma soprattutto mi sono chiesto: se io avessi un figlio con la Tourette quali certezze gli potrei comunicare dal momento che certezze non ne ho neanche per me? Cosa gli potrei offrire dal punto di vista della solidità interiore non sapendo quali strategie addottare nemmeno per il sottoscritto? Che risposte potrei fornirgli quando lui mi farà le fatidiche domande inerenti appunto al suo disturbo? Devo dirti, caro Marcimari, che ogni volta che penso a tutto questo, il ragionamento diventa alquanto fastidioso e se devo essere sincero non ho mai trovato delle risposte alle sue ipotetiche domande, una cura alla sua ipotetica fragilità, delle rassicurazioni alle sue ipotetiche insicurezze. Non voglio immaginare come deve essere frustrante la cosa per un genitore che la sindrome non l'ha mai nemmeno sfiorata. L'unica cosa che ti posso comunicare è la mia esperienza passata di bambino e di conseguenza l'influenza che ha avuto l'educazione dei miei genitori sul sottoscritto. Tieni conto che gli episodi che ti andrò a narrare fanno parte della mia personale ed esclusiva esperienza, inutile che ti dica di non fare di tutta l'erba un fascio e di distillare solo quelle parole, quegli spunti, quei particolari che ti permetterebbero di fare un poco più di luce sulle innumerevoli problematiche che stanno facendo soffrire il tuo figlioletto. Apri bene le orecchie, dunque... Il rapporto coi miei genitori è stato orribile. In loro cercavo risposte al mio vissuto e trovavo solo luoghi comuni, banalità e inutili pistolozzi preconfezionati. A distanza di anni mi rendo conto che incolparli delle loro mancanze è stato il frutto della mia inconsapevolezza verso la loro mancata conoscenza del disagio che mi colpiva, mi rendo conto inoltre che non deve essere stato affatto facile per i miei vecchi gestirmi in qualità di figlio. Mio padre spesso mi picchiava e con questo non voglio tirare fuori la solita retorica del figlio che è stato maltrattato dai genitori a mò di scusa, ma il suo concetto di educazione aveva comunque lo spessore e la profondità di un addestratore di cani. Ma a parte le botte, era il sentirmi oppresso da loro che non permetteva alla mia personalità in erba di svilupparsi su binari più consoni alla mia natura. Sono cresciuto con un sacco di paure che ancora custodisco segretamente all'interno di me stesso e in concomitanza a determinati contesti emotivi, tali paure, sbucano malignamente fuori dal loro letargo sovrastandomi e impedendomi di essere naturale e a mio agio col mondo esterno. La pesantezza e la rigidità e le paure stesse dei miei genitori contribuivano ad amplificare quelle normali insicurezze che tutti i bambini provano normalmente ma che vissute in quell'atmosfera opprimente si trasformavano in ostacoli insormontabili da affrontare e superare. E poi "c'era tic" ad aggravare il tutto. I tic nacquero all'età di 8 anni e mi catturarono nel giro di poco tempo, andando a complicare una giovane vita che fino a quel momento si stava incanalando in senso positivo. Per amore di verità, diciamo che il comportamento negativo dei miei parents nei miei confronti iniziò parallelamente alla nascita della mia Tourette e soprattutto si manifestò quando divennero evidenti i miei scarsi risultati scolastici in funzione appunto della mia incapacità a controllare l'attenzione, la concentrazione, il corpo, l'intelligenza. Non ti dico come le mie quotazioni scolastiche, in quegli anni, subirono una brusca impennata al ribasso. Non riuscivo a capire quello che i miei insegnanti mi spiegavano in quanto ero perso dietro a mille sollecitazioni che provenivano dall'ambiente e dall'interno di me stesso e che provocavano continuamente i miei pensieri. Avevo quattro, cinque, dieci pensieri allo stesso tempo e ricordo che quando qualcuno cercava di attirare la mia attenzione per dirmi qualcosa, impiegavo parecchi secondi per agganciarmi alle sue parole. I miei compagni si accorsero ben presto di quello che mi stava accadendo. Da lì a diventare lo zimbello della classe il passo fu brevissimo. Ricordo che spesso uscivo da scuola col morale sotto le suole delle scarpe, la mia frustrazione pungolava incessantemente la mia autostima. Per non parlare poi della vergogna. Come mi vergognavo quando scorgevo un mio compagno o una mia compagna o un gruppo di compagni che si stavano prendendo gioco di me perchè avevano appena visto una smorfia contrarre il mio viso o una spalla muoversi compulsivamente o le mie gambe che compivano saltelli completamente asincroni rispetto alla mia normale andatura. Non sapevo come uscire da tutto questo. Nessuno mi sapeva dare risposte, nemmeno i miei cari. Ero improvvisamente sprofondato in un incubo. Avevo urgenza di risposte. Forse la sete di conoscenza che mi caratterizza si manifestò proprio in quegli anni. Questo è un fatto positivo senza ombra di dubbio. Benchè menomato da questo mio handicap neurologico, si è sviluppato in me un'incredibile bisogno di sapere che, con gli anni a venire, si è poi indirizzato all'interno di me stesso nel tentativo di scoprire le cause che mi avevano portato a incontrare la Tourette. Parallelamente, più indagavo a fondo nel cercare di trovare LA CAUSA, più scorgevo molti aspetti di me che mai avrei potuto conoscere se non avessi scandagliato profondamente il mio animo. Vedevo chiaramente i motivi per cui la mia vita aveva preso quella precisa direzione. Vedevo come ero fatto nella mia essenza. Capivo le dinamiche che motivavano certi miei atteggiamenti, certe mie scelte, certe mie reazioni alle sollecitazioni del quotidiano vivere. A un certo momento questo mio occhio interiore, quasi per diletto, smise di indagare le profondità del mio "stomaco" e si riversò all'esterno. Imparai quindi a vedere la vita con un altro metro di giudizio. Imparai soprattutto a relazionarmi in maniera più armoniosa con gli effetti negativi che la vita mi procurava in relazione ai miei tic. Iniziai a comprendere perfettamente l'essenza delle cose, delle persone, delle situazioni che mi circondavano. In quel momento di "illuminazione", quando tutto mi si rivelò per quello che era realmente, smisi di essere triste e rancoroso e cominciai a percepire piccoli margini di speranza, e anche un poco di felicità, nonostante tutto. Ti dico questo perchè noi esseri umani tendiamo, nella nostra pigrizia e ignoranza e fallibilità, ad affidarci il più delle volte a qualche guru alla moda, a qualche medico dal nome altisonante, a qualche corrente specialistica che di specialistico ha solo l'insegna piena di luci intermittenti ma che a ben vedere contiene solo vuoti miraggi che abbagliano e fanno perdere la giusta direzione senonchè la giusta misura delle cose. Questo in tutti i settori dell'esistenza, figuriamoci in quello medico dove i ciarlatani proliferano come funghi avvelenando la nostra buona fede e soprattutto la nostra speranza. Ho incontrato tantissimi psicologi, neurologi, psichiatri e dottoroni all'ultimo grido nel mio passato, ma ho sempre avuto la sensazione di parlare con il muro. E' come quando ti trovi in cima a una collina e gridi al vento e ti ritorna indietro solamente l'eco della tua voce. Allora... o uno è scemo e s'incaponisce a cercare il nulla per l'eternità, oppure si fa un piccolo esame di coscienza cercando di mettere un attimino in chiaro le cose con se stesso. Io non sopporto quelle persone che continuamente si lamentano, che si aggrappano a tutto pur di avere una bricola di speranza precotta, uno straccio di risposta che non spiega assolutamente un cazzo. Tanto vale che uno inizi a curarsi coi Fiori di Bach, non trovi caro Marci? Non sopporto nella maniera più assoluta chi cerca aiuto all'esterno senza avere la preparazione adeguata per sapere dove cercare e soprattutto cosa cercare. Gente che piange continuamente nell'attesa della Grazia Divina ma che in sostanza non fa assolutamente nulla per diventare l'artefice del proprio destino. Nel Bene e nel Male. Amen. Molte volte, in funzione di ciò, ritorno col pensiero ai miei vecchi. Se invece di cercare LO SPECIALISTA sulla falsariga di una suggestiva mentalità filo-pubblicitaria si fossero realmente chiesti che cosa provassi IO in quei determinati momenti di strazio e con domande mirate avessero cercato di apprendere coi loro occhi e più a fondo l'entità del mio disturbo senza stressarmi con la loro patetica quanto egocentrissima preoccupazione da genitore, non avrebbero forse fatto più luce sulla cosa in sè e di conseguenza avrebbero potuto capire, benchè in piccolissime dosi, da che parte indirizzarsi, senza esasperare un disagio già di per sè alquanto esasperante per il loro tanto amato figlioletto? Molte volte dietro a un atto di Bene si nasconde il malessere più bieco. Te lo dico per esperienza, fidati. Ma non posso incolpare i miei genitori in ultima analisi. Hanno semplicemente agito in funzione del sentire comune, di quello che gli offriva la scienza in quegli anni, e di quello che, secondo loro, era il mio bene. Posso ritenermi fortunato da un punto di vista materiale, in quanto mio padre ha sempre provveduto alla sua famiglia e, fondamentalmente, non mi ha mai fatto mancare nulla. Diciamo che il mio sentimento nei loro confronti è ambivalente, tendente al nero però. Non ho mai avuto occasione di avere un rapporto paritario con mio padre, di conseguenza non ho mai potuto avere un dialogo aperto con lui. Questa cosa mi manca terribilmente, lo capisco soprattutto ora che ha 67 anni e nel giro di 10 anni o poco più, com'è destino di tutti, mi verrà a mancare. Ciò mi rammarica parecchio in quanto non avrò mai più l'occasione di farmi conoscere e di conoscerlo realmente. Siamo tutti e due troppo ignoranti per venire a patti col nostro orgoglio. Comunque. E' importante, a mio modo di vedere, avere un dialogo costante e privo di pregiudizi col genitore del proprio sesso. Ti fortifica e ti mette in condizione di avere un vero amico su cui fare affidamento. Ma penso che per raggiungere un rapporto così "alto" ci voglia coraggio, intelligenza, cultura, onestà e tanta tanta fortuna. Mi sembra di scorgerlo tra Morciano e suo figlio questo tipo di rapporto... ma forse è solo il frutto della mia immaginazione che a volte si addentra in acque suggestive che rispecchiano ben poco la verità. Prova a chiedere consiglio a lui comunque, ne sa senz'altro una più del diavolo. Caro Marcimari ho concluso. Scusa per la durezza delle mie parole in alcuni passaggi, ma sei vuoi veramente capire la sindrome devi sentirne il dolore, percepirne l'ansia, assaggiarne la frustrazione, combatterne la coercizione, assaporarne la pesantezza, metabolizzarne la rabbia, incamerarne il senso di colpa, introiettarne la vergogna. Solo così, forse, potrai veramente capire e soprattutto aiutare tuo figlio. Un ultima cosa. Se dovessero mai dirti che il tuo bambino potrebbe approfittarsi della sua condizione, non dare ascolto. Tuo figlio farebbe di tutto per liberarsene e mai e poi mai porterebbe a suo vantaggio una tale croce. Per me è stato così, almeno. Lascialo respirare Un abbraccio fortissimo Eddie-Vedder [Modificato da Eddie-Vedder 14/03/2007 11.58]